Ricordando Modì

Un secolo fa esatto, all’alba del 24 gennaio 1920, Amedeo Modigliani moriva a Parigi, in quella stessa Parigi dove solo poco più di due anni addietro, il 3 dicembre del 1917, il vernissage della sua prima “personale” aveva suscitato scandalo: i trentadue nudi esposti nella Galleria di Berthe Weill erano stati schiodati dai muri, e la mostra chiusa per oscenità. Ci piace qui ricordare anche quello che successe cinque anni dopo, cioè nell’ottobre del 1925, quando un giovanissimo Enrico Piceni, accompagnato dall’amico editore Giovanni Scheiwiller, partì per la capitale francese a caccia delle opere del pittore, all’epoca ancora in gran parte incompreso. ”Ricchi di qualche cosa come cinque o seimila lire in due partimmo animosi alla volta di Parigi per acquistare qualche quadro del nostro pittore prediletto…Ahimé! I dipinti di “Modì”, morto da cinque anni, avevano cominciato a lievitare […] Zborowski “sosteneva la quota” e con meno di otto-diecimila lire un quadro del livornese “maledetto” non si poteva acquistare. Tornammo […] con un mannello di quei famosi disegni a “fil di ferro” che Modì eseguiva nelle ore piccole sui tavolini della Rotonde”. Nel 1930, proprio a spese e a cura di Giovanni Scheiwiller, venne pubblicato un Omaggio a Modigliani, con pagine di Braque, Cocteau, De Chirico, De Pisis, Montale, Severini, e di altri personaggi che non hanno bisogno di presentazione. Tra questi, anche Enrico Piceni, che scrisse tra l’altro: «Non poteva Modigliani, questo Rimbaud della pittura, vivere a lungo: c’erano sopra di lui il peso e il segno di una predestinazione. Con quel fascino sottile e insistente come un profumo tutta l’arte sua è lì, per dimostrarlo”.