Questione di sguardi

Il pittore che conosceva tutti i segreti della natura, dell’aria e del cielo e che amava tutto ciò che dipingeva, nel Sud Italia come nella Parigi dopo la Comune o tra le brume di Londra, era anche un artista sensibile alle novità introdotte dalla fotografia e da quei codici della visione e della riproduzione del reale che avrebbero indirizzato i fratelli Lumière verso l’invenzione del cinematografo. Stiamo parlando di Giuseppe De Nittis (1846-1884), cui viene dedicata la mostra De Nittis e la rivoluzione dello sguardo, aperta al pubblico fino al 13 aprile prossimo nella suggestiva cornice del Palazzo dei Diamanti, a Ferrara.

Curata da Maria Luisa Pacelli, Barbara Guidi, Hélène Pinet, la rassegna propone alcuni curiosi accostamenti, come quello che mette a confronto le fotografie del Vesuvio effettuate da Giorgio Sommer nel 1872, durante la ripresa dell’attività eruttiva del vulcano, con i coevi studi di De Nittis, volti anch’essi a catturare quell’evento eccezionale.

I quadri in mostra, provenienti in grossa misura dalla Pinacoteca di Barletta, città natale dell’artista, oltre che da collezioni private e musei italiani e stranieri, sono poi affiancati agli scatti di altri tra i principali fotografi attivi negli ultimi decenni dell’Ottocento, quali Gustave Le Gray, Alfred Stieglitz, Robert Demachy e Alvin Langdon Coburn. Le corse dei cavalli, gli svaghi della società elegante, le torri di Westminster, ecc., sono alcuni dei temi ricorrenti nelle opere esposte, tra le quali figura anche Al bois de Boulogne (Courtesy Archivi Boldini-De Nittis-Zandomeneghi), piccolo grande capolavoro che colpisce, tra l’altro, per la particolare inquadratura, a dimostrare una volta di più quanto la ricerca dell’artista barlettano procedesse in parallelo e in dialogo con le sperimentazioni condotte dai grandi Maestri della fotografia, il cui avvento fu uno dei principali motori di quella rivoluzione che investì il mondo dell’arte nella seconda metà del XIX secolo.