Dalla Belle Époque alla modernità nel racconto di una città di confine

La modernità attraverso opere d’arte, abiti e oggetti, negli anni cruciali che  tra Otto e Novecento videro protagoniste, tra le altre cose, la fotografia e la moda, ma soprattutto la figura femminile, incarnazione dei cambiamenti in atto, dalle femmes fatales di Giovanni Boldini, alle signorine zandomeghiane colte nella Parigi della Belle Époque tra fiori, boudoirs e passeggiate al Bois, per arrivare, attraverso i ritratti di Fattori, Lega, Corcos, Pellizza da Volpedo, alle immagini arcaiche di Campigli, alle donne di Sironi, alla visione cubista del grande Picasso. Appunto Nel segno delle donne. Tra Boldini, Sironi e Picasso è il titolo dell’esposizione, visibile fino all’11 dicembre prossimo, allestita presso i Musei Civici Gian Giacomo Galletti (Palazzo San Francesco) di Domodossola, città di confine  che a cavallo tra i due secoli ebbe un ruolo centrale nella vita del tempo, soprattutto da quando, nel 1906, venne inaugurato il traforo del Sempione. Esso aprì una via di comunicazione diretta con la Francia e con una Parigi più frizzante e internazionale che mai. In mostra si può vedere il sipario originale del Teatro Galletti, dipinto nel 1882 dall’ossolano Bernardino Bonardi e tornato all’antico splendore dopo oltre quattro mesi di restauri. Tra i quadri esposti, quattro quelli messi a disposizione dalla Fondazione Enrico PiceniIn bicicletta al Bois, Tra due specchi, Hommage à Toulouse Lautrec del veneziano, ma parigino d'adozione, Federico Zandomeneghi e, realizzato da Ulisse Caputo, pittore  di origini salernitane, il ritratto de La Signora Maria Caputo Sommaruga, figlia di quell’Angelo Sommaruga, grande editore prima di diventare mercante e collezionista, a cui si deve in grossa misura, insieme a Piceni, la riscoperta e la rivalutazione del migliore Ottocento italiano.