Tradurre "Gialli" nell'Italia fascista

Entrato in Mondadori nel 1925 con la funzione di capoufficio stampa, Enrico Piceni andò ben oltre il suo ruolo aziendale. Contribuì, per esempio, nel 1929, a dare il via in Italia al romanzo poliziesco, soprattutto anglosassone e francese. L’idea dei “Gialli” ebbe grande fortuna, ma non fu facile portarla avanti negli anni Trenta, con l’accentuarsi progressivo della censura fascista, molto severa con quanto riguardava la violenza, il sesso, e tutto ciò, compresi i suicidi, che il regime considerava scabroso. Di questo si occupa Antonella Di Spalatro nel saggio Censura e politica editoriale. Enrico Piceni alla Mondadori negli anni Trenta (Lithos edizioni, prefazione di Camilla Testi). L’autrice ha trovato negli archivi della Fondazione Piceni testimonianze, aneddoti e dettagli che le hanno permesso di approfondire in maniera avvincente la sua ricerca, sulla base di documenti anche inediti. Tra le altre cose, la studiosa mette in luce le strategie traduttologiche di Piceni, applicate per esempio ai libri di Agatha Christie, per rendere “accettabili” i “Gialli” in quel particolare clima politico e culturale, quando per non incorrere in divieti, sequestri e perdite economiche, venne applicata in tanti casi una sorta di autocensura preventiva. Il libro ci svela, tra l’altro, alcuni aspetti meno conosciuti di un personaggio, Enrico Piceni, ancora in gran parte da scoprire, e che fu tra i protagonisti di un pezzo significativo, non dimentichiamolo, di storia dell’editoria.